Al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), uno degli eventi più prestigiosi di oncologia a livello mondiale tenutosi dal 2 al 6 giugno, sono stati presentati nuovi dati dallo studio randomizzato e controllato di fase III KEYNOTE-671, che indagava l’effetto dell’immunoterapia come trattamento neoadiuvante (ovvero prima della chirurgia) nei pazienti affetti da tumore al polmone non a piccole cellule. Questo studio prevedeva la randomizzazione di pazienti con malattia resecabile in stadio II, IIIA e IIIB a ricevere lo standard attuale di cura, ovvero chemioterapia a base di platino, in combinazione con Pembrolizumab (farmaco immunoterapico che agisce attraverso l’inibizione della proteina PD-1) oppure placebo. A un follow-up mediano di 25,2 mesi, la sopravvivenza libera da recidiva (EFS) a due anni è stata del 62,4% nel braccio Pembrolizumab, rispetto al 40,6% nel braccio placebo. Un’analisi di sottogruppo ha mostrato che i pazienti con livelli di espressione della proteina PD-L1 superiori all’1% hanno tratto maggiori benefici dal trattamento con Pembrolizumab. Inoltre, il trattamento immunoterapico è stato ben tollerato dai pazienti, con un tasso di interruzione dovuto a eventi avversi solo del 12,5% nel braccio con Pembrolizumab. Questo studio, sommato ad altre evidenze in questo scenario di cura, conferma l’utilità dell’immunoterapia nel trattamento del tumore al polmone in fase localizzata e si spera possa essere presto utilizzato nella pratica clinica.